digito ergo sum ha detto...
"è vero solo ciò che conta. e conta che, anche se fai
1000 buone azioni, tutte vengono cancellate da un
solo errore.la memoria dell'uomo è molto volatile.
non è per forza vero che un uomo sia la somma delle
sue azioni. potrebbe all'improvviso essere solo
l'ultima azione che ha compiuto."
Credo che meriti un approfondimento
maggiore della risposta data.
Ad ogni "azione corrisponde una reazione" ma quando si
agisce verso gli altri, interviene anche la variabile del loro
libero arbitrio e la reazione perde l'uniformità e la logica
che una legge fisica potrebbe dargli.
La mente è duale e materiale quindi ragiona per
contrapposizioni, in una sorta di dare/avere non
comprende, a livello di istinto, che una sua azione abbia
un effetto diverso da quello che i "suoi schemi" materiali
prevedono.
Nella linea " anima-intelletto-mente ", l'intelletto è
il mediatore tra la realtà materiale e quella spirituale,
a lui il compito di superare la limitazione della mente e
trasmettere le esigenze dell'anima, solo che nel corso
dei secoli l'essere umano ha invertito questa linea che è
diventata "mente-intelletto-anima"
squilibrando totalmente l'interezza dell'essere che si trova
proiettato in una realtà limitata nel tempo della densità della
materia stessa e non ha più, naturalmente, i riferimenti che
gli permetterebbero di superare questa limitazione.
Solo l'anima o essenza è il passeggero che prosegue il viaggio
e a lui restano, sempre e comunque, i frutti delle azioni
compiute in un corpo, a lui e solo a lui resta il giudizio delle
sue azioni che utilizzerà per la costruzione delle successive
esperienze fino al completamento del suo percorso evolutivo.
L'uomo nell'interezza del suo essere è sempre la somma e la
costruzione delle sue azioni.
Nell'antico Egitto, Anubi pesa il cuore del defunto prima di
lasciarlo passare e solo quando lo troverà leggero come
una piuma gli permetterà di farlo, non gli chiede come ha
raggiunto quel risultato ma valuta il reale peso dell'essenza,
allo stesso modo Gesù disse che è difficile che un "ricco"
entri in paradiso,individuando nella ricchezza materiale
anche il gravane di attaccamenti ed egoismi che pesano
sul cuore, anima o essenza.
"Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio"
non facciamo l'errore madornale di confondere il giudizio
degli uomini con quello Divino, l'uomo/mente per sua natura
sarà sempre limitato nella visione dell'aspetto " Universale
del Giusto" evolutivo, nella parabola del Figliol Prodigo,
il Padre non chiede al figlio come a speso il tempo e le
risorse dalla sua partenza o quale strada abbia percorso per
tornare a casa, semplicemente lo accoglie e lo festeggia
perché ha saputo scegliere, mettersi in gioco, maturare
attraverso le difficoltà di un lungo cammino e tornare,
con la consapevolezza della sua appartenenza in quella
che era la sua origine di partenza.